Fine aprile 2023, partiamo per l’Uzbekistan. Il volo della Turkish è effettivamente costoso, ma è l’unico che arriva a Samarcanda. Quindi dopo uno scalo a Istambul, alle 4 di mattina, dopo ore di volo in compagnia di un rumoroso gruppo vacanze di pensionati tedeschi, arriviamo a Samarcanda.

Programma di viaggio

Solo tre tappe, due viaggi in treno, per assaporare le sensazioni delle carovane che attraversavano la Via della Seta.

  • 21-apr venerdì Roma-Istanbul Aereo – Istanbul-Samarkand Aereo
  • 22-apr sabato Samarkand
  • 23-apr domenica Samarkand
  • 24-apr lunedì Samarkand
  • 25-apr martedì Samarkand-Bukhara Treno
  • 26-apr mercoledì Bukhara-Khiva Treno notturno
  • 27-apr giovedì Khiva
  • 28-apr venerdì Khiva
  • 29-apr sabato Khiva
  • 30-apr domenica Khiva-Samarkand Treno
  • 01-mag lunedì Samarkand-Istanbul Aereo – Istanbul-Roma Aereo

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Note e impressioni

Il nome “Uzbekistan” solitamente non suscita emozioni: a malapena lo si inquadra come uno dei tanti Stati dell’ex Unione Sovietica, un luogo indistinto sulla carta geografica tra Medio Oriente e Cina.
Eppure già la posizione dovrebbe suggerirci qualcosa, essendo nota per un’antica rotta commerciale meglio conosciuta come Via della Seta, percorsa anche da Marco Polo.

Nonostante essa fotografi solo un periodo di un’evoluzione storica ben più lunga e complessa, riesce comunque – a buon diritto – a risvegliare reminiscenze fiabesche nel nostro immaginario collettivo, confermate dalla reale bellezza dei luoghi.

Le città sparse nella striscia verde che attraversa il vasto territorio desertico sono un vero scrigno di tesori, dove si possono ammirare architetture grandiose, o perdersi girovagando nei dedali di case, ripararsi all’ombra di onnipresenti alberi di gelso o riposarsi su un tapchan, assaporando una cucina importata nei secoli dai quattro punti cardinali.

L’Uzbekistan di oggi è ben cosciente di tutto ciò: per questo sfrutta la sua storia a fini promozionali interni e esterni, a partire dallo Stato (per alimentare l’orgoglio nazionale) e a seguire con le imprese (in particolare tour operator) i cui nomi risuonano di termini come Silk Road, Caravan, eccetera.

E’ un fatto che le città legate ai commerci siano quelle più ricche e quindi più in grado di preservare i propri patrimoni: è per questo che il viaggiatore moderno vi fa tappa, ripercorrendo le stesse rotte delle antiche carovane.

La cultura uzbeka è intrisa delle contaminazioni assorbite dai vari passaggi, a partire da quello arabo. Nulla resta infatti dei domìni precedenti (persiani e greci), spazzati via dal tempo.

Se gli Arabi hanno reso l’Uzbekistan un Paese islamico, sono però i commerci ad aver favorito una cultura laica e non religiosa, aperta al mondo esterno e agli scambi con esso tanto da resistere ai periodi più bui della storia nazionale.

Se l’invasione mongola di Gengis Khan ha raso al suolo quasi tutto ciò che era stato edificato prima del 1200, nonché buona parte della popolazione (operando di fatto una pulizia etnica, riscontrabile negli attuali tratti somatici uzbeki), l’Islam è rimasto saldamente radicato, come visibile dagli splendidi edifici d’epoca successiva che hanno subìto solo qualche contaminazione nell’arte visiva, spintasi in qualche caso a raffigurare volti o animali più o meno immaginari, in barba ai precetti.

L’uomo che però ha reso gli Uzbeki un popolo fiero della propria nazionalità è senza dubbio Timur, da noi conosciuto come Tamerlano: un conquistatore uzbeko in grado di sottomettere gli altri anziché viceversa, espandendo i territori fino all’India e alla Siria. Ancor oggi a Samarcanda il suo mausoleo è visitato da migliaia di persone che ne venerano la tomba: un interesse che va al di là di quello artistico vista la relativa semplicità del luogo rispetto ad altri ben più noti e iconici. La fama dell’uomo è anche legata alla sua unicità, visto che i suoi successori avrebbero rapidamente perso – per incapacità – l’impero. Le vicende successive avrebbero sì fatto emergere altri leader, ma di ben minor levatura: i cosiddetti “khan”, autoproclamati eredi del mitico Gengis, ma di fatto semplici capi locali, più o meno illuminati, col tempo trasformatisi in Emiri, fino all’assorbimento sovietico.

Oggi, con un governo presidenziale a salda presa ma orientato all’apertura, è evidente l’impegno profuso nel tirare a lucido i tesori nazionali, che come detto costituiscono orgoglio locale e attrattiva globale. Non c’è però traccia di “globalizzazione”: l’Uzbekistan, oltre ad essere un paese dell’ex blocco sovietico, è un’economia ancora emergente, non ancora schiava dei consumi. Il tenore di vita è apparentemente buono: non ci sono condizioni di miseria e le persone (specialmente i giovani) sembrano pervase da una strana euforia tipica di chi presagisce un futuro migliore del passato. Il turismo gioca sicuramente un ruolo chiave, portando nelle casse pubbliche e private valuta pregiata in grado di pagare servizi offerti sì alla metà dei nostri ma a fronte di stipendi pari a un decimo.

La popolazione è “giovane” perché il tasso di natalità è doppio rispetto al nostro; eppure le donne, nonostante indossino ancora abiti tradizionali, non hanno restrizioni di sorta, potendo giovare dell’eredità sociale lasciata dai sovietici, a partire dall’istruzione.
L’eredità sovietica ha lasciato il segno anche in alcune infrastrutture come le ferrovie. L’ostentata grandiosità delle stazioni d’epoca, con tanto di lampadari a gocce, contrasta in modo eclatante con la vetustà dei treni, privi d’aria condizionata nonostante il clima continentale, e trasandati negli arredi (antigienici tappeti guidano ad ardue scalette a pioli dei vagoni letto e ad anacronistici samovar).

Ciò nonostante, al turista resterà per sempre impresso nella memoria il fascino esercitato da luoghi fermi nel tempo: il magnifico Registan di Samarcanda, le tondeggianti mura di Bukhara, il labirinto di madrasse a Khiva, le case coi forni tandoor a ridosso delle porte. Qualcosa che difficilmente cambierà a meno di futuri rapidi stravolgimenti di una società che vuole finalmente potersi autodeterminare.

Suggerimenti di viaggio

Viaggiare in Uzbekistan è bello e semplice. Il periodo primaverile è il momento migliore, la temperatura è mite e piacevole.

La lingua inglese è abbastanza diffusa nelle strutture turistiche.

Viaggiare con il treno è la scelta perfetta per passare da Samarcanda a Bukhara e Khiva. Nella prima tratta esiste un treno veloce, di standard occidentale, per la seconda tratta bisogna accontentarsi di un vecchio treno con cuccette condivise (per il viaggio notturno). Sulla tratta Bukhara Khiva è consigliabile viaggiare la notte dato che il treno non ha aria condizionata ed il caldo si fa sentire.

Appena scenderete da treno o aereo sarete assaltati da una torma di tassisti che cercheranno di offrirvi i propri servizi a prezzi esorbitanti. Resistete e contrattate.

Le carte di credito non sono molto utilizzate/accettate, se non in luoghi estremamente turistici. Quindi dovete utilizzare spesso i contanti. Il prelievo all’ATM è fattibile, a Khiva e Bukhara non ci sono molti ATM, quelli che ci sono (anche a Samarcanda) non hanno abbastanza banconote per un prelievo dell’equivalente di 200€. In generale per pagare un albergo in contanti implica mazzette enormi di banconote.

Il mangiare è ottimo, il piatto nazionale è il Plov, servito ovunque e in tante varianti. Si tratta di riso lasciato cuocere nello zirvak, intingolo a base di carne fritta o stufata (di solito montone o capra), carote, cipolle, e verdure che cambiano a seconda della località: cumino, uva passa, peperoncino etc…
Oltre a questo molti piatti di carne, riso, verdure e yogurt mentre, per ovvi motivi geografici, il pesce è pressoché inesistente. In genere, I piatti sono molto calorici, sostanziosi e abbondantemente speziati.

Orgoglio nazionale dopo il plov è il pane. Il pane è venduto e servito in tavola nella sua forma originaria di pagnotta. A seconda delle zone di produzione assume connotazione diversa: a ovest (es. Khiva) è sottile e somiglia più alle nostre piadine, a mano a mano che ci si sposta verso oriente (Samarcanda) somiglia più ad una focaccia con i bordi rialzati. La pagnotta viene timbrata (una sorta di marchio di fabbrica) con uno stampino dalle estremità chiodate, che riproducono un simbolo circolare di buona sorte e prosperità.

Per lo street food, suggerisco di provare le Samsa (Fagottino di pasta sfoglia riempito di carne, cipolle tritate e verdure (zucca, cavolo, noci, patate, funghi…) cotto nel forno tandoori.