
Partiamo per Petra, optando per la Desert Highway, una lunga strada monotona dal paesaggio brullo, interrotto da pochi “centri abitati” costituiti in genere da poche case attorno alle fabbriche di cemento. Molti i camion che lo trasportano, lasciando scie di sabbia e sassolini che colpiscono il vetro della nostra macchina.
In generale ci sono molti trasportatori, alcuni con container diretti verso Aqaba, unico sbocco a mare della Giordania. Una piccola tempesta di sabbia oscura la visuale, fortunatamente per poco tempo.
Il tratto di strada che collega la Highway alla via per Petra è un viottolo di 15 km nel nulla del deserto roccioso, punteggiato purtroppo da innumerevoli residui di plastica sbattuti dal vento.
Arriviamo al villaggio: un ammasso di case (al 90% hotel) che ricopre un’intera collina e anche di più. È evidentemente una trappola per turisti, ad ogni modo l’albergo sembra valido e optiamo per cenare lì: una buona scelta. Ormai stanchi dopo il viaggio e soddisfatti dell’ottima cena, ce ne andiamo a dormire.
il 20 aprile, sveglia presto, i vicini di camera si alzano alle 6 e fanno un casino incredibile. Buona cosa, riusciamo a fare una buona colazione alle 7 (incredibile) e alle 8 siamo all’ingresso del sito.
Inaspettatamente non c’è molta gente, prendiamo il ticket con il Jordan Pass e partiamo subito verso il Suq. Incredibile, siamo (quasi) da soli, lo spettacolo è fantastico, facciamo foto e filmati. Durante il primo tratto di 3 km non ci sono neanche molti ambulanti, il freddo è pungente, stiamo con i pile e quando c’è vento nel Wadi fa anche più freddo.
Arrivati al “Tesoro”, si scatena la “caccia al turista” da parte di tutti gli ambulanti, false guide, altra gente che vende passaggi con il cammello, asino, cavallo. Ci perseguitano nel tentativo di portarci in un “posto panoramico” per fare le foto, che è raggiungibile solo con la “guida”, ma chi ce lo propone una guida non sa neanche come è fatta! Veramente troppo insistenti, forse perché i turisti sono pochi (qui sono tanti rispetto a tutto il tragitto per arrivare).
Ci “accontentiamo” di tante foto bellissime con la luce del mattino che “illumina” il Tesoro.
Cominciamo a meravigliarci del tempo che abbiamo impiegato, sono le 9 e siamo già a metà tragitto, le guide parlavano di ore e ore di camminata. Così cominciamo a esplorare i dintorni. Andiamo a vedere il “Teatro” (romano, intagliato nel tufo), bellissimo e facciamo una deviazione “senza guida” per vedere dall’alto. Arriviamo in cima al monte, di fronte al teatro. La vista è bellissima e si può vedere tutto il wadi e le varie spaccature nei dintorni. C’è silenzio, solo una signora anziana che accampata in uno sperone di roccia ci chiede se vogliamo un tè. Qui tutti ti offrono il tè.
Il sole comincia a essere alto e la temperatura cambia repentinamente dal freddo al caldo, a seconda dell’ombra o del sole. Arriviamo a Petra antica, bella città semi-romana, ma siamo troppo abituati a lastricati e templi per impressionarci. In ogni caso, qui è tutto in pietra locale e non in marmo, quindi negli anni si è eroso e sono rimasti tronconi di colonne, innumerevoli pezzi a terra, semi-irriconoscibili.
Visto dall’alto la città (quello che resta) è di bell’effetto con lastricato e via colonnata, con templi e palazzi riconoscibili.
A questo punto partiamo per il trail più difficile (secondo la guida) fino al “Monastero”. Sì, è una via impervia, con centinaia di comodi gradini. Peccato per gli innumerevoli ciuchini che trasportando i turisti più pigri, intralciano il passaggio lasciando ricordini maleodoranti.
Lungo tutto il tragitto si intervallano bancarelle di souvenir tutti uguali e qualche chiosco di bibite. Alla fine arriviamo al mega piazzale del monastero, una replica più grande e meno rifinita del Tesoro.
Ci riposiamo e facciamo un pranzetto veloce prima di rientrare sui nostri passi. Inizia a fare caldo, per cui, vista anche la scarpinata, decidiamo di concludere il giro e rinviamo a domani le altre parti da vedere.
Il giorno successivo, secondo giorno a Petra, molti più turisti. Visitiamo ciò che non abbiamo visto ieri, ovvero le tombe reali ed il museo.
Le tombe sono scavate nella roccia friabile (arenaria) molto colorata.
Il museo, che contiene pochi pezzi rinvenuti, è comunque molto ben fatto e curato. Realizzato anche grazie a un contributo giapponese, riporta la storia dei Nabatei e poi di Petra.
Scopriamo che i Nabatei sono arrivati dall’Arabia intorno al 300 A.C. e che Petra è stata abitata da loro fino al 90 A.C., dopo essere decaduta a seguito dello spostamento delle rotte commerciali. I Romani la conquistarono e vi rimasero circa 300 anni. Un terremoto pose fine a Petra e successivamente arrivarono gli Ottomani.

























