Colazione e partenza. Le nostre guide sono della comunità “Shiripuno” degli indigeni Quichua, marito (guida), moglie (cuoca) e figlio tredicenne (aiuto guida).

Prendiamo un camion per andare a prendere provviste e coperte poi andiamo sulla strada principale, dove passa l’autobus. Il giro sul camion è uno spasso, tutto sobbalza sulla strada di sassi! Per fortuna poco dopo raggiungiamo la fermata del bus: 2 ore di viaggio verso Coca, su uno sterrato per arrivare all’ultimo paesino (capolinea) dove prendere la canoa.

Pranzo fisso (almuerzo) in ristorantino locale, nessuno fa caso alle micro-formiche che invadono il tavolo ed i bicchieri.

Quando salpiamo inizia a piovere (ma la canoa è coperta). Il rio Napo è navigabile (dalle canoe), ma in questa stagione (secca) alcune parti sono troppo basse e diverse volte la nostra guida scende a spingere la canoa. Dopo un’oretta raggiungiamo l’approdo da cui parte una pista.

Sono circa 3 ore di scarpinata, nel fango, carichi con zaino e tanica di acqua, più la tenda.

All’arrivo al campo base (due tende “igloo” in piena foresta), ci andiamo subito a lavare nel rio (un piccolo corso d’acqua accanto all’accampamento): l’acqua è fresca e (almeno apparentemente) pulita.

Cena abbondante preparata sul falò (a base di zuppa, pollo, riso, banane fritte..) e chiacchierata sui “massimi sistemi”: la guida ci racconta leggende sulla Luna, e ci chiede come possano volare gli aerei la notte..

Al mattino successivo partiamo per una passeggiata. Ormai siamo abituati ad avere la strada aperta con il machete; le piste vanno pulite e a volte ricreate, per non affondare nel fango.

Facciamo un giro nel verde e nel silenzio, interrotto di rado dagli uccelli che però sembrano invisibili (si sentono ma non si vedono mai). Riusciamo a vedere una rana mimetica, alcuni strani funghi, piante medicinali (praticamente tutte, secondo la nostra guida..) La donna raccoglie qualche frutto / radice commestibile, e ci mostra come ricavare i fili dalle foglie per le collane di semi.

La selva è un intrico di alberi, piante e tronchi caduti, foglie e rami secchi, zone pantanose e guadi in un territorio “ondulato” tra canali, abbastanza luminosa ma in ombra, umida.

Ci sono miliardi di insetti. A parte le formiche di tutte le dimensioni che, appena ti fermi, iniziano a salirti addosso ed entrare sotto i vestiti, è un continuo svolazzare di zanzare di tutte le dimensioni.

Ogni tanto passa una farfalla colorata bellissima, ma troppo rapida per essere fotografata.

Il giorno dopo andiamo in un villaggio dove vive una cugina della nostra guida. Ci offrono il pranzo e Luca assaggia il capibara alla brace! Lungo il tragitto vediamo un paio di uccelli colorati e molte farfalle (anche trasparenti). Ammiriamo un albero “ceiba” imponente. Gli animali più grandi non si fanno vedere (scimmie, bradipi ecc…), spesso vediamo muoversi le fronde intorno a noi, significa che sono passate le scimmie, e ci stanno osservando.

La guida ci spiega che queste comunità locali sono totalmente isolate e devono provvedere a tutte le necessità da sole. Purtroppo i bambini hanno segni di malnutrizione (pancia gonfia).

Il giorno successivo ultima scarpinata nel fango, zaino in spalla, per tornare verso la civiltà. Vediamo le famose formiche tagliafoglie: uno spettacolo della natura! Poi altra oretta di canoa e altra tappa al paesello con ristorante (comune di Los Rios).
In paese (sta tutto davanti a noi), il governo sta distribuendo il kit del perfetto contadino (pala, escavatore, un machete) per incentivare la produzione agricola. 3 ore di bus + camion e siamo di nuovo a Misahuallì. Il tempo di cambiarci i pantaloni incrostati di fango, restituire gli stivali e pagare e possiamo ripartire con il bus per Tena.

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